Parzialmente ricostruito nel Novecento, il tempio è legato ad uno dei culti più antichi e importanti di Roma. In esso le vergini Vestali custodivano il fuoco sacro, che doveva restare perennemente acceso, in quanto simbolo della forza vitale della città. Era severamente vietato agli uomini - tranne al Pontefice Massimo - accedere all'interno. In un vano sotterraneo inaccessibile ai più erano custoditi gli oggetti che Enea, secondo la leggenda, avrebbe trasportato da Troia, fra i quali il magico Palladio: un piccolo simulacro arcaico di Atena - Minerva, pegno e garanzia del dominio universale promesso a Roma. La conservazione del fuoco (risorsa e bene di straordinaria importanza) era un problema che comportava delle notevoli difficoltà; sia Virgilio che Ovidio riferiscono che all'epoca si otteneva col primitivo sistema dello sfregamento delle selci. Da qui la necessità di realizzare una struttura “pubblica” che fosse finalizzata alla conservazione, con personale addetto, di una risorsa sempre disponibile per i bisogni dell'intera comunità. Per la mentalità antica era quasi una logica conseguenza che la struttura divenisse tempio ed il personale assumesse il ruolo di sacerdote (nello specifico, sacerdotesse). Il tempio diventava così simbolo di aggregazione della comunità e dispensario di un bene primario. L’ultima Vestale Massima fu Coelia Concordia nel 384, il fuoco sacro venne spento nel 391, il Palladio custodito nel penus Vestae venne distrutto. Teodosio nel 382 emano un editto che proibiva i culti pagani e stabiliva la rimozione degli oggetti di culto dell’antica religione. Zosimo racconta il pianto disperato e le maledizioni lanciate da una delle ultime Vestali quando Serena, moglie di Stilicone, entrata nel tempio di Cibele, tolse dal collo di Rea la preziosissima collana che l’adornava.