Dalla piazzetta antistante il Carcere Tulliano ha inizio il clivus Argentartus, cioè la strada romana ancora assai ben conservata che passava tra il foro di Cesare e i resti o tracce di tabernae in laterizio; attraversava i portici del Foro che erano muniti di doppie file di colonne in marmo bianco di Luni. Tali ambienti, che la tradizione degli studi archeologici identificava, sino a pochi anni fa, con vani a uso commerciale (tabernae), possono essere ben identificati con degli uffici pubblici basandosi sui riferimenti degli autori letterari antichi che, come lo scrittore Appiano, ci dicono che il foro non fu costruito per scopi commerciali ma perché i romani: “vi discutessero dei superiori interessi dello stato”. Durante la ristrutturazione della zona da parte dell’imperatore Traiano si intervenne anche sugli ambienti cesariani, realizzando una grande latrina semicircolare, costruita in mattoni e dotata in origine di riscaldamento, come si può dedurre dal doppio pavimento su pilastrini. Il bancone che corre lungo la parete curva permette di identificare l'edificio, certamente di età traianea, con una grande latrina pubblica.