Il palazzo si trova al n. 33 di via della Conciliazione (Rione
XIV, Borgo). Fu costruito tra il 1470 e il 1490 per il cardinale Domenico Della
Rovere. Gli esperti discutono se l’attribuzione del progetto è da assegnare a Baccio
Pontelli o a Amedeo di Francesco, detto anche Meo del Caprino oppure
a Jacopo di Cristoforo, meglio conosciuto come Jacopo
da Pietrasanta, la documentazione
storica in merito è molto carente. Domenico della Rovere, Cardinale di San Clemente
e nipote del Pontefice Sisto IV, e padre del futuro papa Giulio II, era un prelato
ricchissimo, fece costruire in Piemonte le cattedrali di Cinzano e di Rivalba, e
promosse la ricostruzione di quella di Torino. Il suo Palazzo in Borgo, che aveva
iniziato a costruire dal 1480 e terminato intorno al 1490, e alla cui realizzazione
aveva chiamato i migliori artisti del momento, rivaleggiò per magnificenza e bellezza
con le più importanti dimore signorili romane. Il cardinale volle che il modello
del suo palazzo doveva essere Palazzo Venezia, e infatti la torre d'angolo, più
tozza certo, ma simile, e le finestre crociate al primo piano, col nome del fondatore, ne sono una chiara testimonianza. L’edificio fu
affrescato dal Pinturicchio e da artisti
della sua bottega ed era talmente bello che nel giugno del 1495 Carlo VIII preferì
alloggiare qui piuttosto che in Vaticano, durante la sua permanenza a Roma, prima
di proseguire la spedizione militare nel sud dell’Italia. Quando il cardinale Della
Rovere morì (22/4/1501) lasciò in eredità il palazzo per una metà all’Ospedale di
S. Spirito e l’altra metà divisa fra il Capitolo della Basilica Vaticana e i frati
della chiesa di S. Maria del Popolo. Dopo essere stato devastato dalle milizie del
Valentino nel breve periodo del pontificato di Pio III, parte del palazzo fu affittata,
nel 1504, al Card. Francesco Floris (Lloris) di Valenza; l’anno successivo al card.
Francesco Alidosi da Imola, il quale fece aggiungere, all’estremità sinistra del
piano nobile una piccola, splendida cappella. Il cardinale Francesco Alidosi, fu ucciso dieci anni
dopo dal duca di Urbino Francesco Maria della Rovere, nipote di Giulio II, perché
sospettato di tradimento. E l'assassino abitò in questo palazzo impreziosendolo
al suo interno. Poi vi abitò un altro cardinale Giovanni Salviati, che fece affrescare
le sale del secondo e terzo piano da Francesco De Rossi. Nel 1655 i Penitenzieri,
cioè i religiosi che avevano l’incarico di confessare i pellegrini nella Basilica
Vaticana, lo acquistarono per 14.000 scudi, il loro palazzo infatti era stato demolito
da Alessandro VII per la costruzione del colonnato di S. Pietro, è da qui che venne al palazzo il soprannome di
Penitenzieri. Il collegio dei Penitenzieri era stato istituito con bolla di
Benedetto XII del 1338 per porre fine agli abusi subiti a Roma dai pellegrini stranieri,
i quali essendo costretti, per comprendersi con i loro confessori, a ricorrere a
degli interpreti, dovevano talvolta pagarli perché mantenessero il segreto su quanto
essi dicevano nell’adempimento del sacramento. I penitenzieri occuparono ininterrottamente
questa sede per quasi 300 anni. Nel 1870, i Penitenzieri cedettero una parte dell’edificio
alla Scuola Regina Margherita e gli adattamenti che allora subì lo stabile determinarono
certamente gravi alterazioni nella struttura architettonica e nelle decorazioni.
Negli anni 1943-1945 l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro acquistò l’edificio dai
Penitenzieri, dal Comune di Roma e da due privati condomini. Nel 1948 il nobile
edificio appariva in uno stato pietoso, e fu necessario demolire le strutture architettoniche
che la scuola aveva eretto per creare nuove aule. Durate il restauro tornarono alla
luce figure e decorazioni parietali e perfino delle iscrizioni murali scribacchiatevi
dai Lanzichenecchi durante il Sacco di Roma, ma non tutto è stato possibile recuperare.