La
chiesa sorge là dove in epoca imperiale era situato il tempio di Iside, intorno
al quale si sviluppava il quartiere egizio. Dov'è oggi la facciata, si alzava
allora la Mostra dell'Acqua Vergine che ancora scorre nel sottosuolo. La chiesa
di S. Ignazio sorse come chiesa del Collegio Romano voluto da S. Ignazio e
fondato nel 1551 come «Scuola di grammatica, umanità e dottrina cristiana, a
titolo gratuito». La chiesa fu terminata nel 1566, ed inizialmente venne
intitolata alla SS. Annunziata. Successivamente si manifestarono problemi di
spazio, in quanto nel frattempo gli studenti del collegio si erano fatti troppo
numerosi, ed era necessaria perciò una chiesa più grande. Pertanto, nel 1626 la
‘SS. Annunziata’ venne demolita, per edificare al suo posto quella che sarebbe
stata intitolata a Sant'Ignazio. I progetti di costruzione furono commissionati
al bolognese Domenico Zampieri detto il Domenichino che
era stato nominato architetto apostolico da Gregorio XV, con il cospicuo
contributo economico del cardinale Ludovico Ludovisi. Ma in seguito la
progettazione fu affidata a Orazio Grassi, un
professore di matematica del collegio Romano. La chiesa fu completata soltanto
nel 1685, circa sessant'anni dopo la decisione di costruirla. La facciata è su
due ordini di lesene e colonne con capitelli corinzi: con un grande finestrone
nell'ordine superiore, e tre portali con due nicchie in quello inferiore, al
centro della facciata due grandi colonne addossate a contro pilastri. La
facciata è in travertino, riprende il prototipo della chiesa del Gesù. La
direzione dei lavori fu affidata al frate gesuita Padre Orazio Grassi, ma la
facciata fu eretta solo nella seconda metà del XVII secolo, forse da Alessandro
Algardi. La chiesa si affaccia sulla sull'omonima piazza che si apre dinnanzi
alla facciata: una scenografia tipicamente teatrale, ispirata dal leggiadro
gusto del periodo che viene definito in genere rococò. L'invenzione della
piazzetta è dovuta a Filippo Raguzzini, il quale,
malgrado da più parti venisse criticato per «quelle ridicole case a foggia di
canterani», riuscì invero assai bene nel suo intento di ampliare scenograficamente
la piazza dando in tal modo respiro e tono alla facciata.
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